La vostra idea è una piccola tessera
Oggi parlando con un collega mi sono accorto di essere diverso da ciò che ho sempre visto allo specchio.
Ho sempre cercato di scindere le due persone che mi abitano: la più riflessiva preferisce il rum sorseggiato lento, molto adagio, il silenzio e la solitudine, un sigaro e musica negli orecchi mandata leggera, esclusivamente di cantautori italiani, perché devo capirne i testi; l'altra più scanzonata, istrionica, leggera, una necessità per non essere troppo vicino alle cose che realmente mi colpiscono, mi danneggiano o mi fanno riflettere, mi serve come per immagazzinare e riuscire allo stesso tempo a sostenere le lunghe giornate dense di impegni.
In realtà non ci riesco perfettamente e alle volte viene fuori un’ambiguità lunatica parzialmente pazzoide o silenziosa, alcune volte morboso di raggiungere qualche cosa altre preso dalla playstation o dalla squadra del cuore, alle volte amico altre nonno di Heidi, chi mi vede per ore ad una tastiera o davanti ad un libro e chi mi sente sparare cazzate dalla mattina alla sera.
La cosa che più mi ferisce è la semplicità, la superficialità, con cui si può etichettare una persona affrancando un’idea.
Come facciamo a sapere chi siamo veramente? Mi capita spesso di sentirmi come un quadro cubista dove ogni idea ridisegna una parte di me: chi mi ha vissuto felice e “pazzo”, chi mi ha visto per anni incazzato e perso, chi mi vive adesso a lavoro o a casa, chi mi ha visto una volta, chi mi ha cresciuto, chi mi ha visto tremare e cadere.
Non sapendo chi siamo noi forse dovremmo andar più cauti nel definire chi è l’altro, chiunque esso sia.